Settembre 2022

Gli incrementi dei costi dell'energia

Gli effetti sulle piccole e medie industrie del FVG alla ripresa dell'attività

Premessa

Confapi FVG ha condotto una rapida indagine in materia di costi energetici su un campione di imprese associate, tutte appartenenti alla sola industria manifatturiera e aventi differenti intensità di consumo di energia, tanto a metano, quanto elettrica, volto alla sola produzione. Dall’indagine resta escluso ogni genere di utilizzo per riscaldamento, condizionamento e acqua per usi igienici. Nessuna delle imprese intervistate, inoltre, utilizza fonti energetiche da idrocarburi diversi dal gas metano.

Degli intervistati il 78,6% fa uso solo dell’energia elettrica per l’attività produttiva e il restante 21,4% anche di gas. Nessuna fa uso esclusivo di gas. Il 7,1% degli intervistati rientra fra le imprese c.d. energivore, vale a dire fra le imprese iscritte allo specifico elenco. Ma un altro 7,1% rientra di fatto fra le imprese energivore, anche se formalmente non è ancora inserito nell’albo.

L’indagine ha riguardato i prevedibili effetti nell’immediato (prossimo autunno) – e, quindi, nel solo breve periodo - dell’incremento dei costi energetici sul conto economico delle imprese rispetto allo stesso periodo dello scorso anno e a tal riguardo sono state poste le seguenti domande:

  1. Rispetto allo stesso periodo del 2021 (autunno) vi è stato un incremento dei costi dell’energia elettrica e del gas per la produzione e, se sì, percentualmente a quanto si può stimare?
  2. Ritenete di poter assorbire tale incremento?
  3. Pensate di fare qualcosa nel caso in cui i costi di approvvigionamento energetico non dovessero successivamente diminuire?

Di seguito si riportano gli esiti della rilevazione.


1.Incremento dei costi di energia

La quasi totalità delle imprese prevede per il prossimo autunno un incremento dei prezzi delle forniture di energia elettrica. Una piccola percentuale, il 7,1% non accusa variazioni rispetto a un anno fa, ma solo per effetto di contratti di fornitura bloccati. Delle restanti, il 78,7% prevede incrementi dei costi pari o superiore al 100% e solo il 14,2% mette in conto incrementi inferiori al 100%.

Assai più preoccupanti sono le prospettive concernenti il gas: per le imprese energivore l’incremento si attesta attorno al 500%. Per le imprese non energivore che ne fanno uso (resta di gran lunga prevalente l’utilizzo dell’energia elettrica) il 7,1% accusa un incremento pari o superiore al 100%.


2.Capacità di assorbimento dell’incremento dei costi energetici

Più variegate sono le risposte circa la capacità delle imprese di assorbire i maggiori costi energetici; il 28,4% si dichiara in grado di farlo, anche riversando una parte dei costi sul prezzo del prodotto finito; il 28,4% si dice in grado di poterlo fare almeno in parte; il 43,2% si pronuncia negativamente: gli aumenti andranno a erodere la marginalità e porteranno a chiudere il bilancio in perdita già per il 2022.

Solo il 14,2% delle imprese ha messo in conto una cessazione totale o riduzione parziale dell’attività dell’impresa.


3.Iniziative in caso di protrarsi dei sensibili incrementi dei costi energetici

Dal momento che l’indagine è rivolta al breve periodo – per il medio o lungo periodo è difficile formulare previsioni per l’estrema fluidità della situazione politica e di mercato – le risposte sono estremamente variegate.

Sul terreno degli investimenti il 57,1% delle imprese ha in atto o in proposito di dotarsi di impianti fotovoltaici per concorrere a ridurre l’incidenza delle “bollette”. Non ne sono stati segnalati altri.

Congiuntamente all’installazione di impianti fotovoltaici o anche indipendentemente le imprese calcolano di prendere altre misure di carattere organizzativo, quali la rimodulazione dei turni e degli orari di lavoro e alternanza di periodi di attività a periodi di chiusura. Si riscontra, inoltre, un attento razionamento dei consumi in qualsiasi forma si presentino. Come anticipato, solo il 14,2% non esclude una chiusura completa o parziale dello stabilimento produttivo.

Un discorso a parte merita il ricorso alla Cassa integrazione guadagni ordinaria (CIGO). Allo stato attuale della normativa solo le imprese energivore, quelle, cioè, iscritte all’apposito elenco, possono accedervi; le altre, per ora, ne sono escluse; circostanza questa che da subito penalizza pesantemente il sistema produttivo regionale e del Paese.


Considerazioni conclusive

In conclusione, il quadro che si delinea da questa rapida ricognizione è fuor di dubbio preoccupante, ma per il momento non drammatico in considerazione della capacità di reagire che ancora denotano le imprese. Ciò vale soprattutto per quelle che hanno nell’approvvigionamento dell’energia una non predominante incidenza sui costi aziendali o in quelle imprese che ancora godono di buoni margini di redditività o che riescono a trasferire in toto o in parte i maggiori costi sul prodotto finito. Diversa è la situazione per le imprese energivore o, comunque, a elevato consumo di energia, specie se di gas.

E’, invece, problematico fare previsioni oltre il breve periodo, dove il protrarsi senza sensibili miglioramenti del presente stato di cose potrebbe avere conseguenze infinitamente più gravi su tutto il tessuto produttivo e sulla sua stessa tenuta.

A margine, una annotazione particolare meritano le imprese che esportano sul mercato nord americano. Esse si trovano a confrontarsi su questo mercato con imprese il cui costo energetico è 1/8 del nostro.


Udine, 2 settembre 2022